Pubblicato il: 19/01/2024 00:00
La calotta glaciale della Groenlandia si sta riducendo a causa dell'effetto serra generato dai consumi di combustibili fossili. È un destino condiviso dalla calotta glaciale antartica e dai ghiacciai di tutto il mondo. Ora un nuovo studio rivela però che questa riduzione è molto più rapida del previsto: viaggia al ritmo di 30 milioni di tonnellate di ghiaccio all’ora, in media, ovvero il 20% in più di quanto calcolato fino ad oggi.

Nuovo studio
La nuova ricerca, pubblicata il 17 gennaio sulla rivista Nature, fornisce un resoconto dettagliato di questo processo già descritto dagli scienziati, ma mai misurato in modo così completo. «Quasi tutti i ghiacciai della Groenlandia si stanno ritirando, non importa da dove la si guardi», ha dichiarato Chad Greene, glaciologo del Jet Propulsion Laboratory della Nasa e autore principale dello studio. «Questo ritiro sta accadendo ovunque e molto più rapidamente del previsto». Le conseguenze potrebbero essere di vasta portata: il timore è che questa ulteriore fonte di acqua dolce che si riversa nel Nord Atlantico possa ulteriormente accelerare il collasso delle correnti oceaniche che regolano le temperature su entrambi i lati dell’Oceano Atlantico, con gravi conseguenze per l’umanità.

Foto satellitari
Da decenni si registra una notevole perdita di ghiaccio dalla Groenlandia a causa dell'emergenza climatica. Le tecniche utilizzate fino ad oggi - come la misurazione dell’altezza della calotta glaciale o del suo peso tramite i dati derivati dalla legge di gravità - sono efficaci per determinare le perdite superficiali, che finiscono nell’oceano e fanno salire il livello del mare. Non possono spiegare, però, il ritiro di quella parte dei ghiacciai che già si trova sotto il livello del mare negli stretti fiordi intorno all’isola. In questo studio, gli scienziati hanno analizzato le foto satellitari per determinare la posizione di tutti i ghiacciai della Groenlandia, mese per mese, dal 1985 al 2022. Il team guidato da Greene ha utilizzato tecniche di intelligenza artificiale per mappare più di 235.000 posizioni terminali dei ghiacciai nell’arco di 38 anni, con una risoluzione di 120 metri. Il risultato dei nuovi calcoli è che la calotta glaciale della Groenlandia ha perso un’area di circa 5.000 kilometri quadri ai suoi margini dal 1985, equivalente a mille miliardi di tonnellate di ghiaccio. Questi mille miliardi di perdita marginale si aggiungono ai cinquemila miliardi di perdita complessiva stimata fino ad oggi.

Le stime aggiornate
Aumentano così di un quinto anche le stime di perdite annuali, che erano quantificate in 221 miliardi di tonnellate di ghiaccio. Il nuovo studio aggiunge altri 43 miliardi di tonnellate all’anno, portando la perdita totale a circa 30 milioni di tonnellate all’ora. Il commento di Greene: «Se si scarica più acqua dolce nell’Oceano Atlantico settentrionale, si ottiene sicuramente un indebolimento dell’Amoc», l'Atlantic Meridional Overturning Circulation, ovvero il sistema di correnti atlantiche, di cui fa parte anche la corrente del Golfo, che trasporta l'acqua calda salina dai Caraibi verso Nord negli strati superficiali fino al circolo polare artico, dove si raffredda e affonda, tornando verso Sud in profondità. Un crescente afflusso di acqua dolce, derivante dallo scioglimento accelerato della calotta glaciale della Groenlandia e da altre fonti, sta soffocando sempre più queste correnti. L'afflusso di acqua dolce, meno densa, rallenta infatti il normale processo che porta l'acqua salata, più pesante, a inabissarsi nella regione polare.

Il collasso del sistema di correnti atlantiche
Si sapeva già che l’Amoc era in fortissimo declino: nel 2021 aveva raggiunto il suo punto più debole degli ultimi 1600 anni e un team di scienziati aveva individuato allarmanti segnali di un imminente collasso. Uno studio dell'anno scorso, guidato dal glaciologo Peter Ditlevsen dell'Università di Copenhagen, ha suggerito che il collasso potrebbe verificarsi già nel 2025, nello scenario peggiore, e nel 2050 in quello mediano. «Sarebbe un cambiamento molto, molto grande. L’Amoc non si ferma da 12.000 anni», ha commentato Ditlevsen. Il collasso di questo sistema di correnti è uno dei punti di svolta climatici che preoccupano maggiormente gli scienziati. Ora lo studio guidato da Greene, appena pubblicato da Nature, ci descrive una situazione ancora più preoccupante. Nel nuovo studio si afferma: «C’è una certa preoccupazione che qualsiasi piccola fonte di acqua dolce in più possa dare l'ultima spinta che potrebbe innescare un collasso su vasta scala dell’Amoc, sconvolgendo i modelli meteorologici globali, gli ecosistemi e la sicurezza alimentare globale».

Per quanto riguarda l'innalzamento del livello degli oceani, i ghiacciai analizzati nello studio sono perlopiù già al di sotto del livello del mare, quindi il ghiaccio perduto è stato sostituito dall’acqua di mare e non ha influenzato direttamente il livello degli oceani. Greene, però, ha fatto notare: «Quasi certamente queste perdite marginali hanno un effetto indiretto, accelerando la fusione dei ghiacciai. I fiordi stretti della Groenlandia infatti sono un collo di bottiglia che rallenta la fusione dei ghiacciai, quindi se il ghiaccio lungo i bordi si sbriciola e li allarga è come togliere il tappo da uno scarico».

La scoperta della perdita ulteriore di ghiaccio è importante anche per calcolare lo squilibrio energetico della Terra, cioè quanto calore solare extra la Terra sta intrappolando a causa delle emissioni di gas serra causate dall’uomo. “Ci vuole molta energia per sciogliere mille miliardi di tonnellate di ghiaccio. Quindi, se vogliamo modelli molto precisi di equilibrio energetico per la Terra, questo dato deve essere tenuto in considerazione”, ha affermato Greene.