La biocrosta del pianeta sta morendo
Fonte: rinnovabili.it - Ambiente - Cambiamenti Climatici
Le osservazioni condotte per 25 anni in Utah mostrano un crollo dei licheni dal 19 al 5% degli organismi che compongono questo “strato vitale” a protezione dei terreni aridi. Dopo il 2003 è stato superato il punto di non ritorno. Con la loro scomparsa vengono meno servizi ecosistemici fondamentali
I dati in uno studio del Servizio geologico degli Stati Uniti
Doveva servire solo per monitorare la diffusione di specie aliene nello Utah, invece dopo 25 anni ha lanciato un avvertimento di portata globale: la pelle della Terra sta regredendo sotto i colpi del climate change. Uno studio del Servizio geologico degli Stati Uniti (Usgs) rivela che la biocrosta sta perdendo alcuni dei suoi componenti più importanti. Con effetti a cascata sugli ecosistemi.
Cos’è la biocrosta?
Con biocrosta ci si riferisce a un insieme di microorganismi che sono essenziali per i servizi ecosistemici forniti agli ambienti aridi. Parliamo di funghi, licheni, muschi, cianobatteri e altri microbi. Tutti insieme formano una specie di strato protettivo che limita l’erosione – e la trasformazione in deserto – e consente la vita in ambienti così proibitivi. Tra i compiti svolti dalla biocrosta, infatti, c’è lo stoccaggio di acqua e la produzione di nutrienti indispensabili per la dieta di altri organismi superiori, come l’azoto e il carbonio. In totale, questo strato ricopre il 12% della superficie terrestre.
Il crollo dei licheni
Lo Usgs ha monitorato dal 1996, due volte l’anno, 12 parcelle di terra nel Canyonlands National Park, in Utah. Scelte appositamente perché i dati ricavati possono essere confrontati con quelli di uno studio analogo pubblicato negli anni ‘60. Così, mentre i ricercatori controllavano la diffusione di specie non native, si sono accorti che si era verificato un crollo nel numero di licheni. Specialmente di quelli che fissano l’azoto e lo rendono disponibile nel terreno.
Sia nel 1967 che nel 1996, la percentuale di licheni tra gli organismi che compongono la biocrosta del parco era intorno al 19%. Ma da allora è scesa, e molto rapidamente, fino ad appena il 5%. I dati sui licheni hanno una variabilità annuale, ma questo risultato supera di molto le oscillazioni naturali, spiegano i ricercatori. Fino al 2003 le variazioni erano consistenti, ma i licheni riuscivano regolarmente a recuperare. Da quell’anno, gli scienziati hanno registrato solo un declino senza appello.
È stato raggiunto il tipping point per quella porzione di biocrosta, conclude lo studio dell’Usgs. La causa? Il cambiamento climatico. Nella zona il riscaldamento globale procede al ritmo di 0,27°C per decennio, e ci sono evidenze che il climate change danneggi la composizione della “pelle della Terra” (anche se, finora, limitate solo a studi di breve periodo).
“Abbiamo rilevato che la diversità e la copertura delle specie di licheni sono negativamente correlate all’aumento delle temperature estive dell’aria, mentre le specie di muschio hanno mostrato una maggiore sensibilità alla variazione delle precipitazioni e alla copertura invasiva dell’erba”, spiegano gli autori. “Questi risultati suggeriscono che i sistemi di terreni aridi possono essere a un punto critico in cui il riscaldamento in corso potrebbe portare a una degradazione biologica della crosta del suolo”. E azzardano una previsione: entro il 2070, dal 20 al 40% della biocrosta sarà sparito.