Rimuovere la CO2 già emessa, i modi per farlo a costi sostenibili

31/10/2018

Fonte: QualeEnergia.it

Un nuovo studio mostra come “sequestrare” la CO2 in modo sicuro e relativamente poco dispendioso, senza provocare danni collaterali sotto il profilo ambientale.

Ridurre le emissioni inquinanti non basterà: per contenere l’aumento delle temperature medie del nostro Pianeta a 2 gradi centigradi entro la fine del secolo, rispetto all’età preindustriale, bisognerà rimuovere moltissima anidride carbonica dall’atmosfera.

La “ricetta” per evitare gli effetti peggiori dei cambiamenti climatici prevede, in sostanza, un impiego su vasta scala delle tecnologie NET (Negative Emissions Technologies) che permettono di catturare la CO2 prodotta dalle attività umane (industrie, trasporti e così via) e immagazzinarla da qualche parte.

Una recente pubblicazione delle statunitensi National Academies of Sciences, Engineering and Medicine non ha alcun dubbio a riguardo (una sintesi è allegata in basso).

Alla stessa conclusione era giunto uno studio del Potsdam Institute (vedi QualEnergia.it) e anche il nuovo rapporto dell’IPCC diffuso all’inizio di ottobre, sosteneva che sarà necessario eliminare miliardi di tonnellate di CO2 con sistemi CDR (Carbon Dioxide Removal) in grado di “ripulire” l’aria.

L’obiettivo è ottenere un bilancio netto negativo di gas-serra: la CO2 rimossa dall’atmosfera dovrà essere più di quella generata dall’uomo attraverso l’utilizzo di combustibili fossili. Secondo le accademie scientifiche Usa, però, è molto difficile e costoso ridurre le emissioni inquinanti in alcuni settori, ad esempio nell’aviazione e in certi siti industriali.

Ecco perché diventa indispensabile rimuovere una certa quantità di anidride carbonica. Come “sequestrare” la CO2 in modo sicuro e relativamente poco dispendioso, senza provocare danni collaterali sotto il profilo ambientale? Gli autori del rapporto affermano che si potrebbero cancellare fino a 10 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno a livello mondiale, a costi inferiori a 100 dollari per tonnellata di anidride carbonica, sfruttando un numero limitato di NET: forestazione/riforestazione, gestione più attenta degli ecosistemi terrestri e costieri per incrementare la loro capacità naturale di trattenere il carbonio, impianti CCS applicati alle bioenergie (BECCS, Bioenergy with Carbon Capture and Storage).

Quest’ultima soluzione, in sintesi, prevede di destinare ampi terreni alle coltivazioni per assorbire la CO2 durante la crescita delle piante e poi produrre energia o carburanti con le biomasse, catturando le relative emissioni di anidride carbonica (la CO2 verrebbe stoccata in depositi sotterranei, come ex giacimenti di gas).

Sarebbe un’evoluzione più “verde” della tecnologia CCS, però abbiamo visto quanto poco successo abbia ottenuto finora in Europa e nel mondo la CCS, a causa delle incertezze tecnico-economiche dei progetti.

Tra l’altro, osserva lo studio, 10 miliardi di tonnellate/anno di CO2 rimossa sarebbero ancora troppo poche. Bisognerebbe arrivare almeno al doppio, per contribuire all’obiettivo di contenere il surriscaldamento globale sotto 2 gradi, come previsto dagli accordi di Parigi nel 2015.

Il grafico sotto riassume il quadro finora descritto.

Qui c’è il punto debole di tutto il ragionamento. Difatti, osservano gli scienziati, per estendere le tecnologie di rimozione della CO2 alla scala richiesta, si dovrebbero “strappare” centinaia di milioni di ettari all’agricoltura, innescando così una competizione molto rischiosa sull’uso dei suoli coltivabili: per produrre cibo o per assorbire CO2/produrre energia?

Altre soluzioni, ad esempio estrarre l’anidride carbonica dall’aria (DAC, Direct Air Capture, vedi anche QualEnergia.it sull’impianto dimostrativo inaugurato vicino a Foggia dalla svizzera Climeworks, la stessa azienda citata dallo studio americano) hanno un ampio potenziale, ma sono ancora esageratamente costose.

La tabella seguente evidenzia vantaggi e criticità delle diverse tecnologie NET.

In definitiva, secondo il rapporto delle accademie scientifiche statunitensi, occorre lanciare un vastissimo programma di ricerca e sviluppo per sperimentare queste tecnologie, abbassandone i costi e verificando la loro capacità di rimuovere efficacemente la CO2.

E bisogna agire in fretta, perché tra appena dodici anni dovremo aver tagliato le emissioni di CO2 del 20-45%, secondo i calcoli dell’IPCC, altrimenti gli obiettivi climatici rimarranno fuori portata.