In che modo la burocrazia blocca gli investimenti nelle energie rinnovabili
Fonte: 24plus.ilsole24ore.com - Scenari
Installazioni a -39% nei primi sei mesi del 2020, crolla l’eolico. Il piano energia e clima da realizzare in 10 anni sarà raggiunto solo nel 2085
Rischiano di andare a ramengo i piani ambientali che da mesi l’Italia annuncia con orgoglio entusiasta. L’energia rinnovabile rallenta la corsa e pare fermarsi. La prima causa è il terrore che sindaci, assessori e funzionari hanno di inimicarsi comitati nimby, magistrati aggressivi, politici velleitari e cittadini informati da blog disinformati. Chi dovrebbe decidere non rischia e non autorizza il via libera ai progetti.
Per adempiere agli impegni ambientai e climatici bisognerebbe mettere in funzione ogni mese centrali nuove per 330 megawatt. Ripeto: al mese. E invece nei primi sei mesi dell’anno sono stati istallati appena 339 megawatt. Ripeto: in sei mesi, dal 1° gennaio al 30 giugno.
Commentava sconsolato a fine settembre all’assemblea dell’associazione confindustriale Elettricità Futura il nuovo presidente Agostino Re Rebaudengo: serviranno almeno 65 anni per realizzare le centrali pulite previste in 10 anni dal piano energia e clima. La cifra di 65 anni è spiegata dall’aritmetica del sussidiario delle elementari alla pagina dividendo, divisore e quoziente. Il piano integrato energia e clima del Governo (Pniec) dice che nei prossimi 10 anni serviranno 65mila nuovi megawatt di energia pulita; ogni anno non si riescono a costruire nemmeno mille megawatt; il risultato mette al quoto 65 anni.
La paralisi dell’energia pulita
I segnali di preoccupazione sono forti. Eccone alcuni.
Nei primi sei mesi del 2020 la realizzazione di nuovi impianti a energia pulita è crollata del -39 per cento.
A fine settembre le aste per assegnare gli incentivi verdi all’energia pulita erano andate mezzo vuote ed era stato assegnato solamente un terzo degli incentivi, perché non si sa se poi potranno essere costruite le centrali eoliche, solari, idroelettriche cui sono destinati. All’Italian Energy Summit di 24Ore Eventi e del Sole 24 Ore che si è svolto il 29 e 30 settembre le imprese ripetevano: l’ottimo decreto Semplificazioni per il nostro settore semplifica poco e a queste condizioni i piani ambientali sono destinati a saltare.
Il censimento degli impianti
La Federazione Anie raccoglie l’industria elettrica, elettronica ed elettrotecnica e al suo interno c’è l’Anie Rinnovabili presieduta da Alberto Pinori (Fronius Italia) che pubblica un osservatorio.
Ecco il censimento del primo semestre del 2020. Le nuove installazioni di fotovoltaico, eolico e idroelettrico raggiungono complessivamente 339 megawatt di potenza (-39% rispetto al 2019) con un crollo drammatico per l’eolico (-86%). «Nei mesi di maggio e giugno 2020 solo il fotovoltaico mostra segnali di ripresa». E aggiunge l’Anie Rinnovabili: «Il tema della semplificazione degli iter autorizzativi va affrontato e subito».
Guerra fra puri e più puri
Simbolico il caso di un parco eolico proposto a Vicchio, fra le montagne del Mugello.
Il progetto è stato denunciato in Procura, si sono svolte manifestazioni di protesta, i cittadini consapevoli contestano il sindaco di non essere tutelati contro l’impianto «eolico industriale» (l’aggettivo “industriale” nei volantini di denuncia è inteso come peggiorativo rispetto a un eolico non industriale), mentre un comitato per il bene comune e un movimento politico si scambiano l’accusa reciproca di avere tradito il territorio.
Gli incentivi non incentivano
Gli incentivi pubblici a chi produce corrente da fonti rinnovabili sono messi a gara con aste al ribasso bandite dal Gestore dei servizi energetici (Gse).
Le ultime edizioni delle gare erano sempre meno frequentate, ma il bando che si è chiuso l’altra settimana era quasi un soliloquio.
Il contingente complessivo era di circa 1.340 megawatt e sono state presentate offerte in posizione utile per appena 433 megawatt, un terzo. Fra le offerte, Blusolar Uno a Uta (Cagliari), l’impianto da 4,6 megawatt dell’Acea a Roma. Su un lotto da 143,8 megawatt sono stati offerti 23,1 megawatt di cinque progetti idroelettrici dell’Enel.
Un lotto da 269,5 megawatt (fotovoltaico da costruire su tetti all’amianto) offerte per appena 18,5 megawatt.
Su un lotto di 17,5 megawatt per impianti idroelettrici e a gas dei depuratori non s’è fatto avanti nessuno.
Piani riduttivi
Il piano nazionale integrato energia e clima Pniec sembrava coraggioso e sfidante e invece è già diventato un reperto d’archivio.
Il piano del Governo aveva definito l’obiettivo al 2030 di soddisfare il fabbisogno energetico con una quota rinnovabile pari al 30%, soprattutto fotovoltaico (30mila megawatt) ed eolico (10mila megawatt). Secondo l’Anie Rinnovabili, nel quadriennio 2016-2019 non si riusciva a costruire più di 500 megawatt l’anno.
Nel frattempo la Commissione Europea mentre metteva in gioco i miliardi del New Generation Eu e del Recovery Fund ha deciso di innalzare l’obiettivo delle fonti rinnovabili al 2040 al 55%, cioè uno sforzo una volta e mezzo più intenso che fa impallidire il Pniec italiano. «Siamo sicuri che con questo passo l’Italia riuscirà a mantenere gli impegni?», si chiede un uno dei grandi e più geniali pensatori italiani dell’energia, Giovanni Battista Zorzoli.
L’aspetto «percettivo»
Re Rebaudengo di Elettricità Futura parla di fenomeno Nimto, cioè il nimby espresso dalle amministrazioni pubbliche (Not in my term of office, non durante il mio mandato) e dai «funzionari delegati al permitting degli impianti», dice Re Rebaudengo.
Un osservatore attento dei fenomeni sociali è l’ecologista Francesco Ferrante, il quale ha censito finora 162 casi in cui sindaci bizzosi, comitati nimby protervi e riottose conferenze dei servizi hanno bloccato i progetti per produrre metano partendo dalla fermentazione di residui, una fonte di energia rinnovabile fra le più interessanti. Se quegli impianti paralizzati fossero stati realizzati, sarebbero diminuite in modo sensibile le emissioni ma anche le importazioni italiane di gas russo. L’episodio più recente è avvenuto l’altra settimana in Basilicata, tra Metaponto e Bernalda, dove la Sovrintendenza ha bocciato un impianto di digestione degli scarti agricoli perché danneggerebbe (sillabare lentamente) «l’aspetto percettivo e sensoriale di quei luoghi».
Rivedere le regole
Le imprese e gli ecologisti chiedono al Governo di essere ascoltati e di intervenire. Per tutti, ecco la voce dell’Anie Rinnovabili: «Chiediamo al Governo di spingere sull’acceleratore nel definire le policy di sviluppo delle fonti rinnovabili e di dare stabilità normativa mediante una programmazione pluriennale e auspica un dialogo sempre più diretto».