60 anni e non sentirli: le microplastiche sui fondali del Mediterraneo sono eterne
Fonte: rinnovabili.it - Ambiente - Inquinamento
Uno studio dell’Universitat Autonoma de Barcelona ha campionato i sedimenti del fondo marino tra Barcellona e Tarragona. Polietilene (PE), polipropilene (PP) e poliestere i tre polimeri più comuni, fino a 1,5 mg per ogni kg di sabbia. Dove, al riparo da erosione, ossigeno e luce, i microframmenti plastici non si degradano più
La quantità di microplastiche sui fondali è triplicata in 20 anni
La microplastica contamina ogni ecosistema terrestre. I frammenti di dimensioni microscopiche sono sospinti dal vento in vetta alle montagne e trascinati dalle correnti sul fondo degli abissi marini. È proprio qui, a centinaia o migliaia di metri sotto il livello dell’acqua, che si trovano gli accumuli maggiori. Nel 2020, uno studio pubblicato da Science rivelava che i livelli di microplastiche sui fondali più elevati sono quelli del Tirreno: fino a 1,9 milioni di frammenti su una superficie di 1 solo m2. Ora una nuova ricerca, condotta dall’Universitat Autonoma de Barcelona, ha calcolato che la quantità di microplastica è aumentata di 3 volte nel corso degli ultimi 2 decenni.
Intatte dagli anni ’60: il destino delle microplastiche sui fondali
Due i risultati principali dello studio pubblicato su Environmental Science & Technology, il primo a dare una stima della tendenza di accumulo delle microplastiche sui fondali. Innanzitutto, l’analisi dei campioni -raccolti nel Mediterraneo nord-occidentale- rivela che i frammenti si conservano, senza alterazioni, mescolati ai sedimenti marini. La mancanza di erosione, ossigeno e luce previene il degrado del materiale.
E poi una caratteristica della curva di crescita delle microplastiche: segue da vicino l’andamento della produzione globale di plastica tra il 1965 e il 2016. “Nello specifico, i risultati mostrano che, dal 2000, la quantità di particelle di plastica depositate sul fondo marino è triplicata e che, lungi dal diminuire, l’accumulo non ha smesso di crescere imitando la produzione e l’uso globale di questi materiali”, spiega la ricercatrice Laura Simon-Sánchez.
Tre i polimeri più comuni: scaglie di polietilene (PE) e polipropilene (PP) provenienti da imballaggi, bottiglie e pellicole alimentari, e fibre sintetiche di poliestere derivanti dall’abbigliamento. Questi tre tipi sono presenti in concentrazioni medie di 1,5 mg per ogni chilo di sedimenti prelevati dal fondale marino. I ricercatori hanno campionato i fondali del Mediterraneo tra Barcellona e il delta del fiume Ebro, vicino a Tarragona, a bordo della nave oceanografica Sarmiento de Gamboa.