Il portafoglio dei lobbisti del gas per la fonte che piace tanto a Europa e Italia
Fonte: QualEnergia.it
L’industria del gas sta spendendo milioni di euro per influenzare i commissari europei così da garantirsi che l’Ue si basi su questa fonte fossile per i decenni a venire.
Sono tanti i soldi e le risorse umane che la lobby del gas sta impiegando per influenzare i commissari europei sulle politiche energetiche attuali e dei prossimi anni. La volontà dell'industria è di far dipendere l’Europa dal gas per altri 40-50 anni. Un pericolo per il clima e per la transizione energetica.
L’industria del gas sta spendendo milioni di euro per influenzare i commissari europei così da garantirsi che l’Ue si basi su questa fonte fossile per i decenni a venire.
È quanto mette un luce un articolo dell’Indipendent del 31 ottobre scorso, in cui si fa riferimento, oltre che a un report di CEO (vedi sotto), anche agli archivi europei (European transparency filings), dai quali emerge che i due commissari europei su clima ed energia hanno ricevuto lo scorso anno i rappresentanti dell’industria del gas ben 460 volte.
Il giornale britannico parla di una cifra spesa per le azioni di lobby intorno a 104 milioni di euro nel solo 2016, investimenti fatti soprattutto per accreditare il gas come la fonte energetica pulita o, come spesso viene ripetuto anche dalle nostre parti, come la "soluzione ponte" verso le rinnovabili.
Il potere di fuoco finanziario della lobby del gas sta spingendo soprattutto per far costruire infrastrutture, di discutibile utilità in un’ottica futura del sistema energetico, come i gasdotti e i rigassificatori.
Un'argomentazione e un obiettivo di geopolitica avanzato da questa industria è quello di affrancarsi sempre di più dal gas russo.
Tuttavia va ricordato che i dati già ci dicono che, grazie all’efficienza energetica e alle rinnovabili, la domanda di gas in Ue è crollata del 13% dal 2010 e che il 75% delle infrastrutture di GNL è praticamente inutilizzata o sottoutilizzata.
Anche la stessa IEA stima che in Europa la domanda di gas naturale calerebbe di un altro 40% al 2040 se si decidesse di puntare con serietà agli obiettivi climatici firmati a Parigi.
Molte di queste analisi sono state affrontate dal recente report di Corporate Europe Observatory (CEO), dal titolo “The Great Gas Lock-in”, la cui tesi è quella che la lobby del gas vorrebbe bloccare l’Europa per altri 40-50 anni nella dipendenza dal gas.
Chi si batte contro questa strategia (tanto apprezzata anche nella nostra SEN) può contare invece su fondi molto limitati: non oltre il 3% della cifra spesa dal'industria del gas.
Tra i principali investitori in azioni di lobby c’è CEFIC (European Chemical Industry Council) con un budget di oltre 12 milioni di euro e con 82 lobbisti, seguita dalla General Electric e da Shell. Nella top 10 pubblicata da CEO, che rappresentanta il 45% della spesa totale dell'industria del gas per attività di lobby, compare anche la nostra Enel.
L’azione lobbistica dell’industria del gas, che da noi si "permette" anche di chiedere di togliere gli incentivi alle biomasse, in Europa sta dando i suoi frutti: per le istituzioni europee il gas infatti non è più una fonte energetica in competizione con le rinnovabili e da qui ne derivano anche alcune scelte che di fatto dilazionano una radicale transizione energetica nel nostro continente.
Le emissioni del ciclo di vita della catena del combustibile e la produzione della tecnologia di conversione dell'energia, sono stimati a 410-650 gCO2eq/kWh per il gas naturale in impianti a ciclo combinato. Questo valore è inferiore al carbone (710-950 gCO2eq/kWh), ma considerevolmente più elevato rispetto alle tecnologie rinnovabili (2-180 gCO2eq/kWh).
Climate Action Tracker aveva avvertito già nel 2014, che “sostituire il carbone con il gas chiaramente non può essere un’opzione, in quanto ridurrebbe il surriscaldamento globale solo di circa 0,1 °C” (QualEnergia.it, Perché il gas non è un “ponte” nella transizione energetica).
Il gas per certi versi inoltre è anche peggiore di altre fonti energetiche fossili: essendo composto essenzialmente da metano, nell’arco di 10 anni è un elemento climalterante 100 volte più potente della CO2. Inoltre spesso si ignorano le ingenti perdite che si hanno in fase di estrazione e di trasporto.
Lo scienziato statunitense Robert Howarth ha efficacemente definito il gas naturale "un ponte verso il nulla”. Anche se eliminassimo già da domani tutta la CO2 derivante da altre fonti, ha dimostrato, le sole emissioni legate al metano potrebbero portare comunque in 15-35 anni la temperatura oltre quell’aumento di 1,5-2 °C pericoloso per l’umanità.